All’inizio degli anni ottanta si sviluppò una contrattazione tendente a modificare la struttura della retribuzione. Un paio di accordi (28 novembre 1980 e 22 ottobre 1981) che ristrutturarono la busta paga e mensilizzarono la retribuzione degli operai, che in precedenza era quindicinale. Più consistente fu la vertenzialità sul tema dell’incidenza turni sugli istituti indiretti, prima con vertenze individuali, poi con accordi sindacali che individuavano una transazione per il passato e assicuravano la copertura totale per il futuro. Su questi aspetti l’accordo del 20 maggio 1983 riconobbe la maggiorazione turni anche su ferie, permessi retribuiti e tredicesima mensilità. Lo schema adottato per risolvere il contenzioso sui turni, su cui ormai vi era un orientamento chiaramente favorevole alla tesi sindacale da parte della magistratura, consisteva nel riconoscere una somma (indicativamente pari al 50% delle spettanze rivendicabili) a sanatoria degli ultimi cinque anni di turni effettuati dal lavoratore, che era il periodo legalmente rivendicabile mentre per il futuro si innalzava la percentuale di maggiorazione normalmente corrisposta per ogni ora di lavoro notturno, in modo da coprire integralmente l’effetto della maggiorazione turni sui citati istituti indiretti. Successivamente, con l’accordo 7 novembre 1988, vi fu il riconoscimento dell’incidenza della maggiorazione turni sul trattamento di fine rapporto, con un’apposita formula che corresse il precedente sistema di calcolo.