Abbiamo volutamente deciso di aspettare che il cordoglio unanime portato avanti dai media del mainstream nei confronti di “Sua Maestà”, scemasse.

Muore la Regina Elisabetta, il mondo in lutto, ma in realta’ quali sono state le sue azioni nei confronti del popolo italiano?

All’inizio del #92, in tanti denunciavano le responsabilita’ della Regina e della finanza inglese e europea sulla svendita dell’Italia.

Il complotto per svendere l’industria pubblica italiana alla finanza anglosassone si tenne il 2 giugno 1992 sul panfilo della regina Elisabetta, Royal Yacht “Britannia”.

Quel panfilo è stato sempre utilizzato dalla Famiglia Reale, solo una volta fu utilizzato per dare il via alla strategie dei «poteri forti», la «svendita dell’industria italiana.

Gli ospiti erano l’alto comando dell’economia di Stato italiana: il presidente di Bankitalia Ciampi e l’onnipresente Beniamino Andreatta, i due artefici del “divorzio” tra Bankitalia e Tesoro all’inizio degli anni ‘ 80, c’erano i vertici di Eni, Iri, Comit, Ina, le aziende di Stato e le partecipate al gran completo. C’era, a introdurre il consesso, il direttore generale del Tesoro Mario Draghi. Fu lui a tenere la relazione introduttiva sui costi e i vantaggi delle privatizzazioni.

L’operazione avviata in quella mezza giornata sul mare era in realtà già stata decisa e non solo perché quella era allora, il dogma economico dal quale si erano lasciati ipnotizzare tutti, la sinistra “di governo” non meno della destra.

Anche e soprattutto, perché quella gigantesca dismissione era condizione imprescindibile per entrare nella nascente moneta unica. “Ce lo chiedeva l’Europa”.

In gioco vi erano miliardi di lire: lo Stato controllava treni, aerei e autostrade per intero, idem per acqua, elettricità e gas, l’ 80% del sistema bancario, l’intera telefonia, la Rai, porzioni consistenti della siderurgia e della chimica.

I settori di partecipazione erano praterie sconfinate: assicurazioni, meccanica ed elettromeccanica, settore alimentare, impiantistica, fibre, vetro, pubblicità, supermercati, alberghi, agenzie di viaggio. Impiegava il 16% della forza lavoro nel Paese.

Vendere, o svendere, quel patrimonio, secondo i dettati della teoria economica imperante avrebbe raggiunto tre risultati: ridurre il debito pubblico che ammontava allora a 795 mld di euro, rendere più efficienti e competitivi i settori in via di privatizzazione, aumentare l’occupazione.

Si partì nel luglio 1993, con la vendita, o svendita, della prima tranche del gruppo SME, controllato dall’Iri. L’onore di aprire la strada toccò ai surgelati e ai dolci: Motta, Alemagna, Surgela più varie e molte eventuali. Se li aggiudicò la svizzera Nestlè.

Il breve governo Berlusconi, nel 1994, implicò una frenata che si prolungò fino al 1996: poi, con i governi Prodi e D’Alema, le dismissioni presero la ricorsa. Il gruppo IRI fu smembrato e messo in vendita: il ricavo immediato fu di 30 mld di vecchie lire, lievitati poi sino a 56mila e passa.

Una cordata capitanata dagli Agnelli si aggiudicò Telecom. Ciampi, allora ministro del Tesoro, spiegò che serviva a impedire che Fiat vendesse all’americana General Motors. D’Alema, arrivato al governo alla fine del 1998 patrocinò il cedimento di Autostrade a Benetton, introducendo una delle principali specificità delle privatizzazioni all’italiana: la vendita allo stesso soggetto sia del servizio che delle infrastrutture, le autostrade e i caselli, Telecom e i cavi sui quali viaggia il segnale.

La dismissione è proseguita per una ventina d’anni, passando per le banche, quote di Enel ed Eni, il disastro di Alitalia. L’incasso è stato cospicuo: 127 mld di euro, una decina ricavata solo dalla vendita di immobili.

Il bilancio però è fallimentare, almeno se si tiene conto degli sbandierati obiettivi iniziali. Il debito pubblico non è stato risanato: si è triplicato. Il rilancio dell’occupazione ha proceduto all’indietro, con circa due milione di posti di lavoro persi.

Il principale vantaggio promesso ai consumatori, l’abbassamento dei prezzi conseguente alla competività delle aziende private sul mercato, è stato rapidamente affondato dalla tendenza delle aziende stesse ad accordarsi ricreando di fatto condizioni di monopolio, solo a condizioni più esose.

Oggi tutte le forze politiche da dx a sx ne elogiano le gesta, valorizzandone le politiche ma in realta’ le sue scelte hanno derubato i popoli e i lavoratori e arricchito il sistema capitalista finanziario, questo dovrebbe far capire i politici in italia chi rappresentano.

Nemica della classe lavoratrice e dei popoli liberi di tutto il mondo.