Il processo “Ambiente svenduto” ha avuto il merito di scoperchiare il sistema di illegalità diffusa a Taranto, in cui anche la società civile é ampiamente coinvolta.

Definire “sensate” le motivazioni che hanno portato all’annullamento dei passi fatti fino ad ora nel processo “Ambiente svenduto’ sarebbe un insulto all’intelligenza umana.

Ve la spieghiamo facile facile.

I giudici tarantini, sia quelli togati che quelli popolari che hanno emesso a loro tempo la sentenza di primo grado che aveva portato a 26 condanne (quasi 300 anni di carcere) nei confronti della famiglia Riva, ex proprietaria dell’ILVA, di alcuni amministratori e politici locali e regionali, sono stati considerati

NON IDONEI.

Questo perché, secondo la Corte d’appello di Taranto, sono da considerare come «parti offese» del disastro ambientale, cioè vittime dello stesso reato che sono stati chiamati a giudicare. E quindi incompatibili per non obiettività e conflitto di interessi.

Non sono bastate le repliche dell’accusa che aveva ricordato come una recente sentenza della Cassazione abbia espressamente chiarito che è da considerare parte di un processo chi sceglie di attivare un’azione di diritto.

Ora, vista la decisione della corte d’appello di Taranto, il processo «Ambiente svenduto» dovrà ricominciare da zero.

E a Potenza. Oltretutto, per effetto immediato di questa sentenza, decadrebbe anche il sequestro degli impianti dell’area a caldo del siderurgico e con esso la confisca susseguente. Il tutto ad appena sette giorni dalla scadenza del bando per la presentazione delle manifestazioni d’interesse da parte dei gruppi industriali che volessero acquisire il complesso industriale dell’ex Ilva SENZA VINCOLI: è casuale?

La verità è che lo Stato non vede l’ora di liberarsi di questi impianti, fonte di sperpero di denaro pubblico e causa di malattie e di morte.

Nonostante sia un enorme schiaffo alla dignità di tutti coloro che si sono ammalati e che sono morti in questi anni, questa decisione non ferma la lotta.

Le avvisaglie che il processo “Ambiente svenduto” si sarebbe chiuso con un flop esistevano già. Sacrosanto dovere di ognuno di noi andare avanti comunque nel pretendere giustizia.

Il processo penale non è servito a fare chiudere il siderurgico, ricordiamo: sono stati applicati ben 15 decreti salva-ilva. Di fatto, anche il sequestro degli impianti non é mai stato applicato in questa cornice.

Nell’attesa della decisione del Tribunale di Milano, prevista per il 24 Ottobre prossimo, come LMO (Lavoratori Metalmeccanici Organizzati) non ci fermeremo mai nel pretendere giustizia, salute e un lavoro sicuro e dignitoso.