L’accordo del 14 marzo 1947 affrontava una questione spinosa, che si era trascinata nel tempo poiché era un confronto socialmente improponibile nel periodo immediatamente successivo alla cessazione della guerra: quello dell’equilibrio tra livelli occupazionali e produzione. Si deve anche considerare che in quel periodo i licenziamenti erano sostanzialmente proibiti per decreto legge.
Gli squilibri occupazionali erano riconosciuti anche dal sindacato. Per questi motivi l’accordo sindacale evidenzia un atteggiamento “moderato” delle parti sociali che decidono di porre in cassa integrazione 5.000 lavoratori (3.000 operai e 2.000 impiegati), soprattutto i più anziani (oltre i 65 anni di età se uomini e 60 anni se donne) e gli invalidi, che potevano accedere a forme pensionistiche. La sospensione del lavoro è accompagnata da integrazioni salariali, ma il punto forse più significativo è il ricorso ai corsi di formazione professionale, della durata di sei mesi, per riconvertire e riqualificare una parte dei lavoratori con l’impegno di reintegrarli al lavoro. Su questi aspetti l’accordo è molto preciso, stabilendo modalità e metodi con cui si realizzano i corsi di formazione; indicando un modello di cui ancora oggi è riconosciuta la validità per affrontare e regolare congiuntamente i processi di ristrutturazione.